Format Olimpico, FEI e cavalieri: manca un punto di incontro

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È una spaccatura profonda quella che si sta creando tra la FEI ed i cavalieri, specialmente dopo la conferma per Parigi del format utilizzato a Tokyo.

Il nuovo format olimpico, come prevedibile, è al centro di questa divisione.

Parliamo di format: per rendere gli sport equestri comprensibili ad un pubblico più ampio, si è optato per modifiche che vanno assolutamente riviste e che rovinano lo sport per chi invece lo vive.

Si parla di maggior rispetto per i cavalli ma nel Salto Ostacoli c’è davvero stato? Ostacoli di 1.65m, squadre cortissime: di cosa stiamo parlando? Siamo obbiettivi: a parte le eccellenze, che Equitazione abbiamo visto a Tokyo?

La FEI, ovviamente, resta sempre sulla sua opinione: più nazioni, squadre da tre e niente drop score.

Durante la IJRC General Assembly che si è svolta a Ginevra è stato davvero evidente che ci si ritrova davanti ad una situazione tesa e frustrante.

Da una parte, la FEI e le sue politiche con la ferrea volontà di uno sport comprensibile a tutti ed accessibile a quante più nazioni possibili. Dall’altra, i protagonisti dello sport ovvero i cavalieri che vogliono soprattutto tutelare il benessere dei propri cavalli.

Il nocciolo della questione è: è giusto che delle nazioni che non hanno cavalli o cavalieri all’attivo (o che ne hanno pochissimi) abbiano un voto della stessa importanza di Germania, USA, Francia, Gran Bretagna o altre colonne portanti degli Sport Equestri?

Di base, è giusto rendere un’Olimpiade accessibile a quante più nazioni. Ma non è assolutamente pensabile che questa decisione vada a ledere poi il benessere dei cavalli e lo sport vissuto da atleti e nazioni con centinaia di tesserati. In fin dei conti, quelle stesse piccole nazioni dovranno poi competere su percorsi al livello dei migliori al mondo! E di certo questo non significa puntare a proteggere il benessere animale se questi poi faticano ad arrivare alla fine del primo percorso.

 

Ludger Beerbaum, in collegamento dalla Germania ha dichiarato “(…) Onestamente, sto arrivando a un punto con la mia età e la mia esperienza, in cui non riesco più a difendere l’indifendibile. Se non è ora nell’anno 2021, un punto in cui vediamo le conseguenze, che veniamo notati, che veniamo presi sul serio, che le nostre preoccupazioni vengono davvero prese in considerazione nelle politiche, nelle filosofie e nelle regole della FEI, non è forse il momento premere davvero il pulsante di stop e dire “Cosa dobbiamo fare per cambiare questa situazione”?

Tra gli altri interventi, spiccano quelli di Steve Guerdat, Kühner, Rodrigo Pessoa, Laura Kraut, Daniel Bluman e del Vice Presidente di EEF, George Dimaras.

Le sensazioni sono le stesse per tutti: la FEI non ascolta i cavalieri e le loro scelte; va contro i cavalieri ed i loro bisogni; concede ma poi toglie; pensa più alle politiche che ai veri protagonisti dello sport.

 

Steve Guerdat ha dichiarato: “Tu (FEI) vuoi che noi, atleti e federazioni attive, troviamo il modo migliore per lavorare con questo sistema a cui siamo contrari. Tu chiedi a noi, ti consulti noi o con le nostre federazioni nazionali, sul come ottenere il meglio da qualcosa che è stato deciso da federazioni che non sanno nulla del nostro sport. Non mi vedo lavorare su qualcosa che non voglio e in cui non credo. Credo che la FEI dovrebbe chiedere a Tobago, Isole Cayman, Haiti, Congo, qual è il meglio per il nostro sport visto che sono i voti che decidono il futuro del nostro sport. Credo che non sia necessario consultare noi, ma le 70 federazioni che lo hanno votato. Siamo inutili. Finché non cambia il presidente, o non cambia il sistema di voti, tutto quello che stiamo facendo è inutile, ci fa solo perdere tempo”. 

 

A questo punto, la FEI dovrebbe davvero pensare ad ascoltare di più i cavalieri che rappresenta, altrimenti è difficile vedere un futuro solido tra due parti in completo disaccordo.