In una disciplina così complessa e soggettiva come l’equitazione, dove i maestri e i metodi spuntano come “fiori a primavera”, l’esperienza straniera ci insegna l’importanza di un minimo di uniformità, dove la conoscenza del cavallo è la prima cosa, e dove le basi tecniche diventano delle fondamenta solide e indispensabili, indipendentemente dalla disciplina o dai percorsi equestri che ogni allievo intraprenderà.
E’ inconcepibile che un cavaliere alle prime armi, possa sentire discorsi completamente diversi spostandosi da un maneggio all’altro, anche di pochi chilometri. Intendiamoci: i metodi pedagogici possono cambiare, la capacità dell’insegnante di coinvolgere e trasmettere può fare la differenza, ma la linea iniziale deve essere la stessa, una linea che la federazione, in primis, dovrebbe avere molto chiara avvalendosi di manuali uguali per tutti, e ovviamente, di docenti incaricati di formare o aggiornare gli insegnanti, in linea con i manuali proposti.
Dopo più di vent’anni d’ insegnamento a vari livelli, mi rendo conto che c’è ancora troppa confusione, e non solo della parte degli allievi, ma anche degli istruttori: nelle competizioni vedo uno livello generale troppo lento a crescere, o peggio ancora che decresce.
Mi piace spesso ricordare, che il futuro campione olimpico nascerà in un pony club e non dal portafoglio di qualche sponsor, sempre che il sistema glielo permetta, e torniamo quindi al discorso dell’importanza delle basi.
Durante gli anni di insegnamento, ho sempre cercato di assecondare i cavalieri nella loro crescita, seguendo un percorso coerente, chiaramente lungo ed impegnativo, fatto di lavoro e sacrifici come lo richiede l’equitazione in sè, ma anche ricco di soddisfazioni sportive, tecniche, e anche umane.
Pretendo quindi quei fondamenti, dove posizione, assetto ed uso degli aiuti sono all’ordine del giorno: il tutto con naturalezza e consapevolezza. Sono queste le basi che devono rendere un cavaliere in grado di affrontare con stile e lucidità un percorso di salto, una ripresa di dressage elementare e qualche salto fisso in campagna.
Solo a quel momento si aprono le porte delle prime competizioni, momento in cui si amplia con ulteriori esperienze, più psicologiche che tecniche il nostro bagaglio equestre.
E’ venuto il momento per il mio allievo di guardarsi intorno, sono io il primo ad invitarlo a guardare, leggere, studiare altri cavalieri/maestri in tutte le discipline, partecipare a stage o corsi vari; ma solo in un momento nel quale le basi sono ben definite, e si è sviluppata la capacità di sapere interpretare, prendere o lasciare tutte quelle nuove informazione ricevute.
La mia visione della crescita non finisce qua, e certamente, tanti anni sono già passati, ma è il momento nel quale invito davvero a personalizzare la monta, lo stile, ricordando agli allievi che nessuno detiene la verità in equitazione, e che ognuno può portare un suo piccolo mattoncino a quell’edificio mai terminato.
Durand Frédérik