Empatia, l’ingrediente fondamentale

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cavalli con gatto coccole

Lo sviluppo in età precoce di sentimenti positivi grazie ad una corretta interazione con i propri simili e con l’uomo, è alla base dello sviluppo di puledri e di cavalli capaci di provare empatia.

È un bel po’ ormai che mi interesso di intelligenza emotiva, argomento che sembra poco compatibile con il mio lavoro di veterinario, ma che invece mi ha dato, nel tempo, molti spunti di riflessione e di aiuto per comprendere il rapporto che intercorre tra animali, oltre che tra uomini e animali.

Alcuni studi condotti sull’uomo hanno dimostrato come persone con un quoziente intellettivo alto, nella vita fallissero molto di più di quelle con un QI ben più modesto, dimostrando così l’impatto che l’intelligenza emotiva ha sulla vita di tutti noi. Per intelligenza emotiva si intende quella la capacità di comprendere il prossimo, le persone, le loro motivazioni e il loro modo di agire, scoprendo in che modo si può interagire in maniera cooperativa.

Per empatia si intende invece la capacità di una persona di identificarsi con lo stato d’animo di un altro individuo, prevalentemente senza fare ricorso alla comunicazione verbale. L’empatia è quindi un ingrediente fondamentale dell’intelligenza “emotiva”, condizione mentale che sembra quindi avere un ruolo fondamentale nella vita delle persone di successo.

Per queste ragioni l’empatia, e le sue tante sfaccettature, sono diventate da qualche tempo protagoniste di un fervido interesse non solo mio, tanto da essere stata, qualche anno fa, l’ottava parola di cui più si è cercato il significato su Google…

Nell’uomo, il 90% o più di un messaggio emotivo sembra essere comunicato attraverso canali non verbali. Viene dunque da sé pensare che molte delle azioni che eseguiamo in risposta ad alcune situazioni particolari, derivino da aree del cervello diverse dalla corteccia.

Ed è davvero così perché è proprio l’amigdala, una delle parti più primitive del cervello, assieme alle sue connessioni con la corteccia visiva, ad avere un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’empatia. Queste aree del cervello sono molto ben sviluppate anche negli animali che, non avendo il dono della parola, pensano per immagini associando ciò che vedono a particolari emozioni di cui hanno ricordo anche a distanza di molto tempo.

In noi umani l’evoluzione ha conferito alle emozioni un ruolo fondamentale, proprio per guidarci nell’affrontare situazioni che non andrebbero affidate al solo intelletto. A pensarci bene, quando le emozioni prendono il sopravvento l’intelletto può non essere di alcun aiuto. Entrare in empatia con qualcuno significa essere in sintonia con il suo stato emotivo e, in una prospettiva evoluzionistica dell’uomo ma anche degli animali, si può supporre che l’empatia offrisse il vantaggio di ridurre il rischio di danneggiare i membri del gruppo sociale, motivando invece comportamenti altruistici che portino benefici all’intera comunità. Viceversa, l’assenza di empatia porterebbe gli altri soggetti di un contesto sociale o, nel caso si parli di animali, di un branco, a pensare solo a sé stessi non preoccupandosi dei compagni e dunque mettendo a rischio l’intero gruppo. Dicono che la condizione empatica “è fondamentale nella comunicazione umana“, ma dopo l’attenta osservazione dei cavalli che faccio ormai da tanti anni, posso dire con una certa sicurezza che questo è un sentimento assolutamente non esclusivo del genere umano.

È proprio osservando gli animali che ci si rende conto di quanto siano proprio le emozioni, e non la ragione, a spingerli all’azione in moltissime situazioni. Collera, paura, felicità, amore, sorpresa, disgusto e tristezza sono emozioni comuni a tutti gli esseri viventi dotati di un cervello in cui ci sia stato un certo sviluppo. Con lo sviluppo del sistema limbico, sede delle principali emozioni, tutti i mammiferi hanno fatto evolutivamente un salto di qualità, soprattutto per quanto riguarda l’apprendimento e la memoria. Questo sistema emozionale più primitivo sembra agire indipendentemente dalla neocorteccia cerebrale, area responsabile dei nostri pensieri più evoluti e scarsamente sviluppata negli altri mammiferi.

Nei mammiferi più evoluti però, saranno proprio le connessioni tra sistema limbico e neocorteccia a permettere di escogitare delle vere e proprie strategie mentali per la sopravvivenza. Detto ciò mi viene spontaneo dedurre che anche i cavalli provino sentimenti istintivi come amore, felicità, tristezza, rabbia, paura e, perché no, anche empatia. In ogni emozione è implicita una tendenza ad agire e questo appare molto evidente quando si osservano gli animali. La paura ad esempio, emozione che i nostri cavalli provano purtroppo molto spesso, porta a tutta una serie di risposte fisiche e mentali che li mettono nelle condizioni di perlustrare velocemente l’ambiente circostante, per poi fuggire molto velocemente dalla fonte di pericolo.

E il modo in cui a volte perdono la testa diventando incontrollabili, per paure ai nostri occhi ingiustificate, ci fa capire quanto questa parte emozionale del cervello nei cavalli sia poco connessa alla parte più razionale, che ha invece sede nella corteccia.

I cavalli sono gli animali più sociali in assoluto, vivono infatti con e per i loro compagni, ricavando da loro importanti informazioni sull’ambiente circostante e sulla loro stessa sicurezza.

L’empatia è infatti una forma intangibile, silenziosa, ma allo stesso tempo profonda, efficace e potente di comunicazione interpersonale, che non richiede necessariamente l’uso delle parole per rivelarsi o essere dimostrata. Infatti, anche nell’uomo, si esprime generalmente attraverso il linguaggio del corpo, quello con cui normalmente comunicano i cavalli, durante tutte le situazioni belle o brutte che si possono presentare nel corso di una vita di gruppo.

Avete mai visto un cavallo sereno e tranquillo in compagnia sul trailer o sul van diventare improvvisamente isterico nel rimanere da solo? O un cavallo in campo agitarsi perché vede un compagno vicino innervosirsi per qualcosa? Spesso mi sono accorta che la mia cavalla anziana era a terra nel paddock senza riuscire ad alzarsi, perché i cavalli in scuderia si mettevano a chiamare guardando fuori dalla finestra senza un apparente motivo. Lei era in difficoltà e loro si agitavano, facendo di tutto per attirare la nostra attenzione.

Se non è empatia questa…

L’empatia sembrerebbe, quindi, essere una spontanea risposta dell’organismo allo stato emotivo percepito, osservato o puramente immaginato da un altro individuo. Per provare empatia bisogna quindi sperimentare uno stato emotivo e poi entrare in sintonia con l’individuo che lo sta provando. Per quanto riguarda gli esseri umani è facilmente deducibile che l’empatia sia legata in buona parte al tipo di rapporto che si instaura con chi ci circonda o con la singola persona ma, in una prospettiva evoluzionistica, si può supporre che l’empatia offra ai cavalli il vantaggio di creare gruppi completi di soggetti ben uniti tra loro, in modo da ridurre il rischio di danneggiare gli altri membri del branco, motivando comportamenti altruistici che portino benefici all’intero gruppo. Paura, rabbia e felicità sono le emozioni per le quali maggiormente si prova empatia, ma credo che nel mondo dei cavalli la paura sia quella maggiormente presente.

«Le emozioni animali esistono, e si sono evolute per essere un “collante sociale”» sostiene Mark Bekoff in un articolo. Bekoff è docente di etologia alla celebre Colostate, la University of Colorado (Usa), dove insegna anche la grande Temple Granding, colei che, tramite l’autismo di cui soffre, ha studiato, insegna e ha risolto grandi problemi allevatoriali proprio con l’empatia istintiva con gli animali di cui ha il raro dono.

Ho ribadito in più occasioni quanto sia importante per i cavalli il rapporto con i loro simili, non soffermandomi però abbastanza sul tipo di legame che instaurano tra loro, così forte da far si che il comportamento di uno possa influenzare moltissimo quello degli altri soggetti del gruppo.

La capacità di provare empatia è un meccanismo psicologico fondamentale per creare, all’interno di un gruppo, un tessuto sociale fatto di elementi in grado di potersi aiutare nelle condizioni di pericolo.

Anche se è difficilmente dimostrabile, l’abilità psicologica di mettersi nei panni degli altri e di poterne provare le emozioni, diventa dunque fondamentale per quegli animali, come i cavalli, che fanno del branco la loro forza e difesa da predatori e ambienti ostili.

Il grado di empatia che ogni individuo avverte in risposta al dolore o al piacere che prova un suo simile, dipende molto dalla situazione in cui si trova. Come per le persone anche negli animali il sentimento di empatia sembra essere molto più vivo quando gli altri sono parte del tuo gruppo sociale mentre è inibito per avversari, rivali o naturalmente animali diversi. D’altra parte non si può pensare che un cavallo provi empatia per qualsiasi tipo di animale, magari predatore o che non faccia parte del suo contesto sociale. L’assenza di empatia di uno o più soggetti all’interno di uno stesso gruppo porterebbe, invece, ad un atteggiamento che nelle persone si potrebbe definire “egoista” e che negli animali comporta solo inutili rischi per la salute di tutti.

Ma, come avviene nell’uomo, anche per gli animali la capacità di provare empatia per i propri simili, non è comune a tutti gli elementi ma è soggettiva, tanto che in medicina umana sono stati fatti studi approfonditi proprio sulle differenze tra i vari individui, soprattutto in età giovanile, per capire il ruolo che la scuola e il contesto sociale in cui vivono, abbiano nella capacità di sviluppare questo tipo di emozione nei confronti del prossimo.

La capacità di un cavallo di provare empatia per un suo simile è un meccanismo psicologico che gioca un ruolo fondamentale nei rapporti sociali che si creano tra i membri di un gruppo. E non dimentichiamo che anche i cavalli che vivono nella stessa scuderia sono in qualche modo un gruppo, con ruoli sociali che, anche se non possono manifestarli apertamente, comunque esistono.

Gli stati mentali in cui si trova la maggioranza degli animali sono difficili da studiare perché non direttamente osservabili, mentre una possibile e attenta osservazione del comportamento dei cavalli nel loro ambiente può darci importanti informazioni su come si sentono, cosa pensano e riconoscono nell’ambiente che li circonda.

Rispecchiarsi nelle emozioni altrui, mimare gli atteggiamenti degli altri (come gli sbadigli “contagiosi”, sbadiglia uno e sbadigliano tutti), oltre a fare movimenti sincronizzati e seguirsi l’un l’altro con lo sguardo, sembrano essere, per gli scienziati, evidenze che anche i cavalli provino empatia per i loro compagni.

Lo scopo di questo articolo vuole essere quello di far capire come, anche in animali come i cavalli, lo sviluppo in età precoce di sentimenti positivi grazie ad una corretta interazione con i propri simili e con l’uomo, possa essere alla base dello sviluppo di puledri e di cavalli capaci di provare empatia. Crescere puledri psicologicamente forti che ben si relazionano con i loro simili, anche di età differenti, è fondamentale per avere in seguito cavalli sportivi affidabili, che non si spaventino ad ogni nuovo stimolo, diventando pericolosi per sé e per gli altri.

Carlotta Caminiti DMV

Centro Veterinario Equino Le Cicogne
www.lecicogne.com

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