Solitamente l’inverno corrisponde al momento in cui si fanno le vaccinazioni ai cavalli, soprattutto quelle antinfluenzali. In questo preciso momento storico, dove le vaccinazioni sembrano essere un argomento così controverso, in molti si chiederanno se è davvero importante vaccinare i cavalli e semmai perché bisogna farlo con un certo rigore. Ho già spiegato più volte la mia posizione riguardo ad alcune vaccinazioni, soprattutto quelle che riguardano patologie che mettono a rischio la vita dei cavalli, ma mi fa piacere ribadire alcuni concetti importanti, che tutti dovrebbero tenere presente, relativamente alla salute del loro cavallo.
In Italia siamo fortunati perché rispetto agli Stati Uniti, ad esempio, abbiamo una minor necessità di eseguire l’elevato numero di vaccinazioni che loro hanno da fare di routine; questa è sicuramente una fortuna perché significa che in Italia abbiamo meno malattie potenzialmente rischiose e che il budget annuale necessario rimane più contenuto e dunque affrontabile da tutti. Ma vediamo insieme come funzionano i vaccini, perché è così importante vaccinare i cavalli e soprattutto per quali malattie non ci si può esimere dal farlo.
Come è successo per noi umani e per i piccoli animali, i vaccini hanno regalato anche ai cavalli una qualità della vita molto migliore e di conseguenza prolungato di molto le sue aspettative: dunque non servirsene è sbagliato oltre che controproducente. Le spese per curare un cavallo ammalato sono, infatti, decisamente superiori rispetto a quelle per eseguire una vaccinazione annuale.
Lo scopo della vaccinazione è quello di stimolare il sistema immunitario dell’animale a produrre anticorpi specifici per combattere virus o batteri responsabili di una determinata malattia. Questo è possibile in quanto all’interno dei vaccini sono contenuti gli stessi virus e batteri responsabili della malattia ma disattivati, dunque in grado di generare una risposta del sistema immunitario senza però far ammalare l’animale. I vaccini per i cavalli prodotti dalle case farmaceutiche sono generalmente “spenti”: i vaccini “spenti” contengono solo alcune parti dei virus o dei batteri responsabili della patologia, in genere alcune proteine, quindi a parità di efficacia, sono molto più sicuri per il cavallo, di quelli “vivi”.
Un cavallo correttamente vaccinato ridurrà moltissimo la possibilità di sviluppare la malattia e, anche se dovesse comunque ammalarsi, guarirà più velocemente e le conseguenze per la sua salute saranno molto più contenute.
In più vaccinare il cavallo contro una malattia trasmissibile, aiuta a proteggere anche gli altri cavalli che vivono nello stesso ambiente, in genere la scuderia o lo stesso gruppo di cavalli al pascolo. Vi ricordo che non tutti i soggetti hanno un sistema immunitario ugualmente competente perché, inevitabilmente, i soggetti più giovani, i più anziani o quelli in convalescenza, saranno sempre più a rischio degli altri. È un po’ come i bambini che qualche genitore vorrebbe mandare a scuola non vaccinato: non sono solo loro il problema, ma anche gli altri bambini della classe, soprattutto se hanno problemi di salute, che potrebbero a loro volta ammalarsi e subirne le conseguenze per lungo tempo.
Se all’interno di un gruppo, tutti cavalli sono stati vaccinati, il virus si troverà oggettivamente in difficoltà a replicarsi e questo è proprio quello che vogliamo per contenere al massimo i contagi. Il concetto di immunità di gruppo è molto importante proprio ai fini di controllare le malattie contagiose, e per questo è indispensabile che la popolazione sia interamente vaccinata. Un unico soggetto vaccinato all’interno di una popolazione di cavalli non vaccinati avrà comunque un’alta possibilità di ammalarsi, in quanto i suoi compagni che si ammaleranno rilasceranno nell’ambiente grandissime quantità di patogeni, in genere virus o batteri.
Il Ministero della Salute di ciascun paese generalmente fornisce le sue linee guida rispetto alle vaccinazioni che andrebbero eseguite, sia sugli umani che sugli animali, proprio con la funzione di salvaguardare la salute pubblica.
Ma per quali malattie andrebbero vaccinati i cavalli in Italia?
Per me, la più importante patologia per cui è importante vaccinare è sicuramente il tetano, una terribile malattia neurologica non trasmissibile, causata da una potente neurotossina prodotta da un batterio che ha il nome di Clostridium tetani. Questo batterio, non contagioso e quindi non trasmissibile da animale ad animale, vive nel terreno e nelle feci dello stesso cavallo e in genere contamina le ferite sporche di terra, dunque non pulite e disinfettate. Nella ferita, nel giro di qualche giorno, il batterio sviluppa una terribile tossina che una volta in circolo è responsabile di una paralisi spastica progressiva, che porta a morte il cavallo per il blocco di tutti i muscoli, compresi quelli deputati alla respirazione. Gli equini sono particolarmente suscettibili al tetano, malattia il cui decorso è davvero orribile; per questo motivo la vaccinazione antitetanica non andrebbe mai tralasciata. Dato che in Italia la vaccinazione antitetanica da eseguire da sola non esiste, ma è commercialmente associata a quella per l’influenza, normalmente si fa appunto influenza e tetano in unica somministrazione. L’influenza è una malattia virale che causa sintomi a carico dell’apparato respiratorio, come febbre, tosse e catarro, con un brutto scolo nasale. Un soggetto con l’influenza avrà un sistema immunitario indebolito e quindi sarà facilmente preda di batteri responsabili di altri fastidiosi disturbi, che si sommeranno a quelli della malattia primaria. La terapia antibiotica che quasi sempre si fa, infatti, non serve a trattare i virus, ma i batteri che prendono il sopravvento su un sistema immunitario già compromesso.
Raramente l’influenza è letale ma comunque rimane una patologia molto debilitante, soprattutto per i cavalli anziani, i puledri e i cavalli in convalescenza.
Un’altra patologia per cui in Italia si usa vaccinare i cavalli, anche se non tutti, è la rinopolmonite causata dagli herpes virus. Gli herpes virus responsabili della malattia sono di due tipi, l’EHV1 o EHV4. Nella forma più comune la patologia può assomigliare all’influenza, con sintomi come febbre, tosse e scolo nasale, mentre nei casi più gravi i cavalli rifiuteranno il cibo, saranno molto abbattuti e in alcuni casi svilupperanno la forma più grave, quella neurologica. In questo caso i sintomi possono addirittura essere incompatibili con la vita e dunque portare a morte il cavallo nel giro di pochi giorni. L’EHV 1 è anche causa di aborto nelle cavalle nell’ultimo trimestre di gravidanza o della nascita di puledri ammalati, dunque poco vitali e a rischio di morte entro poche ore di vita. Proprio per scongiurare questo problema, si usa vaccinare sempre le cavalle gravide contro gli herpes virus a 5, 7 e 9 mesi di gravidanza.
Un’altra patologia, ormai attuale anche da noi in Italia, è la West Nile Disease. Essendo la Malattia della Febbre del Nilo una zoonosi, cioè una patologia che viene trasmessa dalle zanzare non solo ai cavalli ma anche all’uomo, se ne sente spesso parlare anche su quotidiani e telegiornali con allarmismi spesso esagerati.
Causata dal virus West Nile, che alberga negli uccelli e viene trasmesso attraverso le punture delle zanzare, è giunta in Italia da pochi anni; mentre nell’uomo la forma più comune è abbastanza blanda e causa febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati e sfoghi cutanei, i cavalli invece hanno dei sintomi neurologici importanti, spesso molto gravi, che possono addirittura risultare fatali nel 33% dei casi. Molti dei cavalli che superano la fase acuta della malattia, possono addirittura riportare alterazioni residue nel movimento per il resto della loro vita. Con la vaccinazione, già in commercio da qualche anno, abbiamo la possibilità di difendere i nostri cavalli da questa patologia.
Ovviamente, quando si decide di vaccinare un cavallo, bisogna tener conto di molte cose; vaccinare a tappeto i cavalli per tutte le malattie anche se non ne hanno bisogno può essere, infatti, controproducente, perché si mette il sistema immunitario nelle condizioni di dover fare un super lavoro anche se non serve.
La geografia di dove vivono i cavalli e dunque la presenza endemica di certi patogeni, la quantità di contatti con altri cavalli che vengono da ambienti differenti, come succede per i cavalli sportivi portati spesso in gara, l’età, la razza, le condizioni di salute e come vengono gestiti, sono solo pochi dei fattori che vanno considerati quando si decide per cosa vaccinare l’animale.
Come abbiamo visto, le variabili sono molte e possono comunque cambiare da un anno all’altro, quindi è importante rivedere annualmente il protocollo vaccinale con il proprio veterinario per valutare se è necessario inserire qualche nuova vaccinazione, perché magari il cavallo dovrà spostarsi in luoghi dove sono presenti malattie “sconosciute” ai suoi anticorpi.
Anche i cavalli che non viaggiano e stanno sempre in scuderia potrebbero essere potenzialmente a rischio se nella stessa scuderia vivono anche cavalli che, invece, entrano spesso in contatto con cavalli nuovi e con il loro bagaglio di virus e batteri.
Ma quando bisognerebbe vaccinare?
Una volta che il veterinario ha deciso quali vaccinazioni è meglio fare, bisogna valutare insieme il momento migliore per farlo. Chiaramente un cavallo che è stato regolarmente vaccinato tutti gli anni per alcune patologie, è giusto che riceva il richiamo annualmente; ma riuscire a far cadere il richiamo circa un mese prima del periodo in cui il cavallo verrà maggiormente a contatto con soggetti nuovi, è una buona regola per fare in modo che il vaccino stimoli il sistema immunitario a fornire il massimo della sua protezione. Per un cavallo che esce spesso in gara il momento migliore rimane quello in cui è possibile dargli un po’ di riposo.
Nel caso di fattrici che devono partorire il momento migliore per vaccinarle cade circa un mese prima del parto, in modo che nel colostro ci siano più anticorpi possibile nei confronti di particolari patologie, come potrebbero essere appunto l’influenza e il tetano, in modo che il puledro riceva il massimo dell’immunità passiva dalla mamma con il colostro. Per patologie come la West Nile, trasmesse attraverso insetti vettori come potrebbe essere la zanzara, è chiaro che il periodo a maggior rischio è quello in cui ci sono fisicamente le zanzare, dunque vaccinare ad inizio primavera è una buona norma.
Tenete comunque presente che, quando vaccinate un cavallo per una malattia per la prima volta, è sempre necessario fare il richiamo dopo un mese per consolidare l’immunità e avere una copertura che duri più a lungo nel tempo. Questo è molto importante per tutte le vaccinazioni e dunque anche per la West Nile. Vi dico questo perché la vaccinazione per la West Nile ha un costo piuttosto elevato e quindi richiede in una prima fase un certo investimento per le due vaccinazioni, che varia a seconda del costo del veterinario che le esegue. Successivamente però sono necessari solo richiami annuali e dunque il costo viene abbattuto della metà.
Ma perché noi umani la vaccinazione per molte patologie contagiose la facciamo da bambini e poi ce ne dimentichiamo per il resto della vita, mentre i cavalli devono essere rivaccinati annualmente? Purtroppo non c’è una vera risposta, ma la realtà è che per qualche ragione i cavalli non mantengono un titolo anticorpale alto quanto gli umani nel corso del tempo.
Se si misura il titolo anticorpale per il tetano in un umano vaccinato diversi anni prima, si troveranno ancora molti anticorpi mentre nel cavallo purtroppo non è così. Nel cavallo, dopo un anno, il titolo anticorpale si riduce di molto per cui è importantissimo richiamare il vaccino e valutare, nel caso il cavallo si faccia male, la data dell’ultima vaccinazione. Se la vaccinazione è stata fatta più di nove mesi prima io consiglio sempre di rivaccinare il cavallo il giorno stesso del trauma, o di eseguire un’iniezione di siero antitetanico, per scongiurare in ogni modo che si sviluppi la tossina tetanica.
Come tutti i farmaci, anche i vaccini non sono esenti da possibili effetti collaterali che però si manifestano in un esiguo numero di cavalli. Le reazioni più frequenti sono gonfiori e dermatiti locali nel punto di inoculazione, con possibile dolore. Questo però scompare nel giro di qualche giorno senza lasciare alcun segno. Gli effetti collaterali più seri e potenzialmente pericolosi sono dei veri e propri shock anafilattici a cui bisogna prontamente rispondere con il cortisone. Queste reazioni sono davvero rare ma è sempre bene non vaccinare il cavallo per poi andare subito a casa senza guardarlo per almeno una mezz’ora perché, anche se minimo, un certo rischio purtroppo esiste. Per cercare di evitare il più possibile queste reazioni io difficilmente somministro più vaccini nello stesso momento e nello stesso punto, ma se questo non è possibile, già fare la somministrazione dei vaccini in punti diversi è di aiuto per evitare le reazioni locali. Le conseguenze fastidiose di eventuali reazioni locali, si scongiurano facilmente evitando di fare le iniezioni nel collo o nel petto, ma prediligendo sedi come i muscoli glutei. Queste rare problematiche però, come per i bambini, non dovrebbero assolutamente farci desistere dal vaccinare i cavalli perché, anche per loro, la scienza ha fatto enormi progressi.
La vaccinazione è dunque il modo migliore per proteggere il cavallo da malattie gravi e potenzialmente mortali. A mio avviso rimane comunque importante far eseguire i vaccini dal veterinario senza improvvisarsi “fai da te”, perché è necessario eseguire una visita e accertarsi che il cavallo stia bene e non stia in quel momento combattendo contro un’altra malattia infettiva, perché in questo caso la vaccinazione potrebbe aggravare la situazione, almeno per qualche giorno.
Vaccini commerciali di buona qualità, che coprano più ceppi di uno stesso virus, una visita veterinaria accurata che accerti la buona salute del cavallo, la scelta delle vaccinazioni realmente necessarie, del momento migliore per eseguirle e del sito di inoculazione, che in caso di reazioni locali avverse non sia d’impaccio per il movimento del cavallo, sono alla base di un buon protocollo vaccinale in grado di proteggere l’animale dalla malattia e di favorire la salute anche degli altri cavalli vaccinati presenti nello stesso ambiente.
Carlotta Caminiti DMV
Centro Veterinario Equino Le Cicogne
www.lecicogne.com