Lord Byron e l’invenzione del cavallo selvaggio

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Come un poeta ha salvato una specie e cambiato una cultura.

Animali infestanti, creature da lavoro o cibo: lungi dall’essere sempre stati considerati romantici emblemi di libertà o addirittura compagni di vita con cui legare, questo sono stati i cavalli per secoli prima che un Lord Byron e la sua penna cambiassero per sempre l’idea che un’intera cultura aveva di questi animali.

Storia e morte del Cavallo Rinnegato

Nonostante il cavallo domestico, quello utile e fedele, fosse spesso celebrato proprio per queste caratteristiche e per il suo potenziale alimentare, il suo vicinissimo parente selvatico riceveva tutt’altro tipo di attenzione: dall’essere cacciato nelle steppe in quanto animale infestante all’estero impiegato nei circhi romani per tirare gli arti di qualcuno fino a strapparli, per i nostri antenati questi animali avevano ben poco di entusiasmante, al punto tale che il cavallo selvatico era stato preso come simbolo di lussuria e sregolatezza. Ne sono prova anche le rappresentazioni dell’artista Hans Baldung, in cui gruppi di cavalli sono intenti a lottare tra loro, spesso anche in atteggiamenti cannibali.

Hans Baldung

Come avvenne con tante cose della cultura occidentale, l’Illuminismo mise sotto una luce diversa anche il “cavallo rinnegato”: il naturalista Pieter Boddaert diede loro un posto nel regno animale classificandoli come Equus ferus, e le due razze selvatiche rimaste (il cavallo di Przewalski e l’ormai estinto tarpan) iniziavano ad attirare l’interesse scientifico e culinario degli europei, nonostante il posto d’onore nella cultura dell’epoca spettasse al Purosangue inglese ed all’Andaluso spagnolo

Nascita del Cavallo Selvaggio

Benché il tarpan fosse sempre più vicino alla sua completa estinzione (avvenuta in Ucraina tra 1918 e 1919), nel 1819 qualcuno diede lustro a questo animale rinnegato: Lord Byron.

Nato nel 1788, George Gordon Byron fu un politico inglese considerato una delle figure di spicco del Romanticismo dell’era ed uno dei più grandi poeti di sempre. La morte di Byron avvenne nel 1824, ed il lavoro che ci riguarda venne scritto solo pochi anni prima, nel 1818, durante un periodo drammatico nella vita personale del poeta.

Mazzeppa – un best seller che vantava oltre settemila copie a soli tre anni dalla pubblicazione – racconta la storia di Ivan Mazepa, un eroe ucraino sul quale Voltaire aveva già scritto nella sua Storia di Carlo XII, re di Svezia.

Stando alle memorie di un cortigiano rivale chiamato Pasek, pare che Mazepa fosse stato beccato con una donna sposata e che il marito lo avesse fatto legare al suo stello cavallo per poi rispedirlo così a casa. Per Voltaire, invece, l’eroe venne legato ad un cavallo e mandato in Ucraina.

A Lord Byron però questa versione dei fatti non bastava e decise di aggiungerci del suo: fregandosene delle vicissitudini politiche reali della carriera di Mazzepa, Lord Byron crea una storia in cui l’eroe si innamora di Theresa e viene legato al più selvaggio dei cavalli – ed è il cavallo il cuore della storia, descritto come una creatura elementale, terrorizzante, furiosa e pura.

L’animale corre per due giorni interi portandosi in groppa un eroe ferito, i due vengono inseguiti da i lupi e la poesia risuona di un concetto di “selvaggio” assolutamente inedito.

Quando il cavallo raggiunge un’oasi, crolla a terra esausto, ed è in quel momento che Mazzeppa sente il suono di un esercito in avvicinamento: con grande sorpresa scopre che si tratta di cavalieri armati, bensì di un’ora di cavalli selvaggi guidati da un “patriarca” nero. Gli animali vengono descritti come creature libere, con narici mai allargate dal dolore e bocche che mai hanno visto il sangue del morso o delle redini; i loro zoccoli non sono mai stati violati dal ferro, né i loro fianchi feriti dagli speroni o colpiti dalla frusta.

Quando si avvicinano e vedono il cavallo morto di stanchezza, scappano allarmati e Mazzeppa, rimasto solo, viene ritrovato da una ragazza che lo salva da morte certa.

La storia di Mazzeppa è la nascita di una figura letteraria inedita ed inaspettatamente eroica ed evocativa che trova una cultura pronta ad accoglierla e renderla, come diremmo oggi, “virale” grazie alle trasposizioni teatrali e circensi. Da un semplice, quasi anonimo paragrafo di Voltaire, Byron crea un intero mito.

 

Oltre Lord Byron

Tuttavia, nonostante il prosperare del cavallo come concetto culturale, i veri cavalli selvatici vennero cacciati fino all’estinzione nell’arco dei decenni successivi. Il cavallo venne reintrodotto nelle Americhe dai Conquistadores ed anche lì, in particolare negli attuali Stati Uniti, questi animali reclamarono il loro posto nella cultura generale e nella testa delle persone – basti pensare a saghe western ed ai famosissimi Mustang.

Oggi, gruppi e associazioni lottano per salvare le comunità rimaste di cavalli selvatici nel delta del Danubio, nei pressi di Chernobul, ed in Montana.
I difensori dei diritti dei Mustang si sono espressi contro le intenzioni del Presidente americano Donald Trump di legalizzare la vendita dei cavalli selvatici ai macelli in Canada e Messico. Il cavallo di Przewalski è stato salvato dall’estinzione e restituito alle steppe mongole: ce ne sono circa duemila, e discendono tutti da solo 13 cavalli.

La storia del cavallo selvaggio è quindi lunga e travagliata come lo è il suo rapporto con gli umani, ma col senno di poi sembra lecito affermare che, due secoli fa ed in modo del tutto inconsapevole, è stato un poeta ad impedire la completa estinzione delle specie selvatiche.