Nietzsche: il cavallo, la compassione e la follia

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È uno dei più importanti filosofi della storia. Controverso, criticato, idealizzato e contrastato, Friedrich Nietzsche si è fatto largo nella cultura generale fino a diventare forse il filosofo più malinteso di sempre – spesso anche per colpa di chi ha voluto manipolare il suo messaggio, o di chi lo mal-interpretato estrapolando singole frasi da un contesto molto più ampio e profondo, come dimostra la sua celeberrima frase “Dio è morto”.

Il tracollo di una grande mente

Eppure, oltre al frastuono di opinioni altrui (soventi e non richieste), a rendere famoso il filosofo è stato anche un episodio tristemente famoso: quello del cavallo di Torino, o il giorno in cui Nietzsche perse una volta per tutte un già fragile equilibrio mentale.

Era il 3 gennaio 1889. Nietzsche, che passeggiava per le strade di Torino, vide un uomo che fustigava malamente il suo cavallo, che pare si rifiutasse di muoversi: straziato da quella visione, Nietzsche venne colto dall’ira e dalla compassione ad un livello così intenso e profondo da lanciarsi addosso all’animale ed avvolgergli le braccia attorno al collo per difenderlo dai colpi, piangendo.

Questo gesto potrebbe sembrare naturale e quasi scontato dal nostro punto di vista, in una società che difende gli animali e che spesso vede essere umani pronti a morire per difendere altri esseri viventi ed i loro diritti, ma nel mondo di Nietzsche gli animali erano animali – utili, apprezzati ed in alcuni casi persino amati, ma pur sempre animali di assoluta proprietà del loro padrone.

Un punto di vista alternativo

Per questi motivi, la reazione del filosofo gli costò quasi l’arresto, se non fosse stato per il suo amico e padrone di casa che intervenne prima che la situazione degenerasse.
Nietzsche passò i giorni successivi in stato vegetativo, ed il 18 gennaio venne spedito in un centro psichiatrico: la diagnosi fu neurosifilide, una condizione comune ai pazienti nella fase iniziale dell’infezione da HIV e che si presenta come meningite.

Nietzsche visse per oltre un decennio con la sua follia, ed in tanti (compresa la sua famiglia) attribuirono alla sifilide il tracollo mentale che il filosofo ebbe a Torino, mentre altri incolparono un tumore. Per ovvi motivi non ci è dato avere questa risposta, ma forse è lecito unirci al coro di speculazioni sul filosofo con due domande: e se a far collassare la mente di Nietzsche non fosse stata solo una malattia, ma anche e soprattutto l’aver visto diventare vittima un fiero essere come il cavallo? E se quegli istanti di ira e dolore fossero sfociati in una sorta di illuminazione fulminea sulla natura umana che non ci sarà mai concesso di conoscere?