Join-Up®, la doma dolce che fece restare sbalordita la Regina Elisabetta.
Monty Roberts nasce in Nevada, terra sconfinata dove i cavalli corrono ancora in libertà. Trascorre la sua vita nei ranch a stretto contatto con i suoi amici più fedeli, tanto da volerne studiare i comportamenti intraspecie così da portare le performance dei cavalli ai massimi livelli, e non entro i confini delle barriere dell’obbedienza.
Il metodo Join-Up® consiste nella doma dolce che, grazie allo studio dei branchi selvaggi, ha risultati sbalorditivi a livello mondiale, tanto da essere stata presentata alla Mostra Reale dei Cavalli di Windsor ed all’Ippodromo Reale di Ascot, al cospetto della Regina Elisabetta II.
Grazie alla comunicazione non verbale, definita dallo stesso Monty “EQUUS”, si instaura un rapporto di fiducia e rispetto tra uomo e cavallo e non tra “cavallo-cavaliere”. In questo modo Monty basa il suo addestramento sulla collaborazione amichevole e non con l’intimidazione, tanto da ricevere nel 1988 il premio “Uomo dell’Anno” assegnatogli dal National Reined Cow Horse Association.
Questi principi sono gli strumenti per motivare e aumentare i risultati dell’addestramento, per questo è meglio utilizzarlo con i cavalli selvaggi. L’addestratore convince il cavallo ad accettare sella, imboccatura e uomo. Quando si lavora in un tondino si inizia il Join–Up® facendo dei grossi movimenti e dei rumori da predatore, in modo che il cavallo scappi via per poi dargli la possibilità o di fuggire o, per l’appunto, di Join–Up® , cioè di sottomettersi spontaneamente. Attraverso il linguaggio corporeo l’addestratore gli comunicherà: “Inizia a portarmi rispetto come un capo branco e a fidarti avvicinandoti e seguendomi”. Il cavallo risponderà con dei movimenti del corpo, come l’orecchio interno rimarrà bloccato verso l’addestratore, masticherà e leccherà abbassando la testa in segno di fiducia. Lo scambio si concluderà con il trainer che volterà le spalle al cavallo e, senza alcun contatto visivo, lo inviterà ad avvicinarsi. Il Join–Up® accadrà quando l’animale deciderà autonomamente di stare con l’uomo, avvicinarsi a lui, accettando il suo nuovo capo e la sua protezione. Questo approccio di comunicazione, attraverso il linguaggio corporeo e nel rispetto reciproco, può essere un metodo molto valido anche da usare con cavalli problematici.
di Erika Ribet