La prima gara: quei momenti che non scorderai mai

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E’ il giorno che aspettavamo da una vita passata in sella. Dopo settimane che sembravano mesi, il calendario ci ricorda che è arrivato il weekend ma stavolta l’idea non ci strappa proprio un sorriso, quanto una mezza smorfia mista a terrore e panico: è il momento di uscire in gara, la nostra prima gara.

Non importa in quale disciplina ci stiamo cimentando, è sempre un’emozione forte. Magari abbiamo ormai formato un solido binomio con un cavallo davvero bravo in ogni sua sfaccettatura, magari siamo semplicemente amanti del brivido e ne abbiamo scelto uno che ci entusiasma le giornate con tanta esuberanza quanto qualità, eppure quando il nostro istruttore ci propone di uscire in gara per la prima volta, il primo pensiero è “Non sono pronto”. E’ proprio un meccanismo quello che scatta nel nostro cervello e ci fa credere, sul momento, che andremo incontro a chissà quali orripilanti accadimenti una volta messo piede in campo prova.

Alla fine di questo viaggio, che inizia e si conclude nella nostra mente nell’arco di dieci secondi ma che sembra durare una vita, ci sentiamo pronunciare le due fatidiche parole: “Va bene”. Nient’altro. In fondo è già tanto se siamo riusciti ad aprire bocca, quindi accontentiamoci! L’istruttore ci iscrive alla gara e ci spiega gli aspetti burocratici di questa, ma noi tanto stiamo già pensando a quanta sabbia dovremo mangiare quel giorno. Arriva poi il momento della “prova generale”, molti istruttori la propongono agli allievi neofiti e consiste nel fingere di trovarsi in gara, quindi prepararsi in campo prova e cimentarsi nel percorso (o ripresa che sia). Generalmente o va malissimo o benissimo, in ogni caso ci sentiamo ancora meno pronti di prima, ma ovviamente il nostro istruttore non lo saprà mai.

Tutto è pronto, non manca nulla. Abbiamo preparato la sera prima l’abbigliamento da gara, tirato a lucido il nostro cavallo manco fosse una Ferrari, sistemato in un angolo apposito della selleria tutta l’attrezzatura che ci servirà caricare sul trailer verso l’ignoto. Dormire non è neanche lontanamente concepibile, quindi spegniamo la luce alle 21 di sera, convinti che ci faremo almeno 8 ore di sonno e arriveremo riposati in maneggio per caricare il nostro amico a quattro gambe, convinti. Tempo dieci minuti siamo già occhi sbarrati a fissare il soffitto buio, quindi tanto vale autoconvincersi che siamo sonnambuli e stiamo in realtà vivendo un sogno nel sogno, fino all’indomani.

Suona la sveglia, probabilmente sono le 6 se siamo fortunati. Ci alziamo dal letto con gli occhi iniettati di sangue e la tachicardia, forse dovuta più alle ore di sonno mancanti che all’ansia. Cose che nemmeno agli esami di maturità. Andiamo in maneggio, carichiamo il cavallo ( al primo colpo se siamo fortunati) e ci dirigiamo verso il centro ippico che ospiterà la competizione. Appena scesi dal trailer è il momento di preparare il nostro compagno di avventure, poi andiamo a vedere il percorso assieme all’istruttore, il tutto con una freddezza degna del migliore atleta olimpico, che in realtà maschera un principio di paralisi da panico.

Tra poco è il nostro turno, saliamo in sella e ci rechiamo in campo prova: la giungla. Sembra che solo noi conosciamo le regole della precedenza e che la metà dei cavalli si senta al rodeo, ma sopravvivremo anche a questo, oppure passeremo la maggior parte del tempo fermi in un angolo senza avere idea di come entrare nel fiume di binomi in campo, riuscendo solo a sentire le grida del nostro istruttore che cerca di motivarci a partire almeno al passo. Finalmente riusciamo ad abituarci al “traffico”, facciamo il nostro riscaldamento e ci avviamo verso la porta del campo gara, duri e puri (o forse sarebbe meglio dire molli e terrorizzati).

Suona la campana per noi e varchiamo il confine tra realtà e sogno: “Wow, sembra di essere a un Gran Premio”, pensiamo entrando in campo e ci sentiamo piccolissimi di fronte a centinaia di persone. Saluto alla giuria e si parte! Come concluderemo la nostra performance dipende da così tanti fattori che non possiamo nemmeno lontanamente permetterci di immaginarlo, però una cosa è certa: usciremo dall’arena con un sorriso a trentadue denti, non importa come sarà andata, riempiendo di carezze il nostro amato cavallo.

Quello che segue è solo felicità. Siamo riusciti a superare anche questa, sempre insieme alla nostra monta, grazie alla guida del nostro istruttore e l’appoggio di amici o famiglia. La prima gara rimane sempre un’esperienza a metà fra il ricordo spiacevole e quello più bello che abbiamo della nostra vita sportiva in sella, forse un po’ perché riuscire ad affrontare i propri blocchi, le proprie paure, ci fa sentire forti, dei guerrieri, e in quel campo gara, mentre il nostro cavallo galoppa a narici spalancate, forse lo siamo veramente.

La vostra prima gara com’è stata?

 

Autore: Cecilia Casadei

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