Cosa c’è di meglio di una fredda giornata invernale davanti alla stufa, magari con una cioccolata calda, biscotti e film a tenerci compagnia?
Ecco qualche suggerimento per passare una serata in totale relax.
L’uomo che sussurrava ai cavalli
“L’uomo che sussurrava ai cavalli” è un film del 1998 tratto dal romanzo omonimo di Nicholas Evans pubblicato nel 1995, diretto e interpretato da Robert Redford.
Trama: “Durante un fine settimana, all’alba di un mattino invernale, Grace ed una sua amica, durante una passeggiata a cavallo si avventurano su una ripida salita, purtroppo un cavallo scivola su una lastra di ghiaccio e, scivolando all’indietro, trascina in una rovinosa caduta anche Grace ed il suo cavallo Pilgrim sulla strada sottostante, proprio mentre sta passando un Tir che le investe. Le conseguenze sono tragiche: l’amica ed il suo cavallo muoiono, mentre Grace trasportata d’urgenza all’ospedale viene curata ma devono amputarle una gamba.
Il suo cavallo viene salvato dalla morte per dissanguamento. Dopo questo incidente drammatico la vita di Grace cambia radicalmente. Ora può contare solo sulle sue stampelle, e cade in una profonda depressione. Intanto Pilgrim, rimasto gravemente ferito, è diventato aggressivo e completamente inavvicinabile. Ciò nonostante la madre di Grace, Annie, decide di non abbatterlo, vedendo nel cavallo l’unica possibilità di far uscire la figlia dalla depressione. Facendo una ricerca su Internet, apprende dell’esistenza di un cowboy, Tom Booker, che cura i cavalli con straordinaria abilità, è un “sussurratore”. Alla prima telefonata questi rifiuta, ma quando Annie si presenta alla sua porta nel Montana, con Grace e il cavallo, lui non può che accettare la sua proposta di curare Pilgrim. I primi approcci sono vani, ma con pazienza e forza di volontà, Tom riesce nella sua impresa a salvare Pilgrim, intanto crea un profondo legame con Grace alla quale torna il desiderio di cavalcare e la voglia di vivere. Anche con Annie si crea una buona intesa, infatti i due si innamorano. Arriva comunque il momento di ritornare alla loro solita vita, nella loro città e per Grace alla sua vecchia scuola. L’accoglienza delle sue compagne ed il rapporto affettuoso che riprende con loro, concludono il processo di guarigione della sua mente tormentata. Col tempo anche i suoi genitori si riavvicinano, ma nel cuore della madre rimarrà sempre il ricordo di Tom.”
War Horse
“War Horse” è un film del 2011 diretto da Steven Spielberg ed è tratto dall’omonimo romanzo scritto da Michael Morpurgo e dall’omonimo adattamento teatrale del romanzo di Nick Stafford.
Trama: “A un’asta di paese, in un villaggio del Devon, Ted Narracott, un piccolo affittuario di una fattoria dove vive con la moglie Rose e il figlio Albert, acquista per trenta ghinee un cavallo baio, non ancora adulto e che è stato tolto alla madre. Viene rimproverato dalla consorte, che lo accusa di essersi fatto ingannare, ma non trova d’accordo il figlio, che ben presto instaura un rapporto di profondo affetto con l’animale, cui assegna il nome di Joey. Con lui cercherà eroicamente di dissodare un campo per pagare l’affitto che la famiglia deve a Lyons, il proprietario della fattoria. I suoi sforzi, ammirati da tutti i membri della comunità del villaggio, vengono però vanificati da una forte pioggia che distrugge il raccolto. Il padre di Albert, allora, come extrema ratio, decide di vendere Joey all’esercito inglese, impegnato a scendere in campo nella Prima Guerra Mondiale. Albert corre a impedire la vendita, ma arriva troppo tardi e il capitano Nicholls, nuovo proprietario dell’animale, gli promette che avrà cura del cavallo e se possibile al termine della guerra glielo restituirà. La scena si sposta allora sull’attraversamento inglese della Manica (la trama segue passo per passo la vicenda del cavallo, con i personaggi umani come contorno), e sulla morte di Nicholls in Francia in uno scontro con l’esercito tedesco. Joey tuttavia sopravvive, venendo catturato assieme a Topthorn (il cavallo del maggiore Stewart) dai tedeschi, tra i quali due ragazzi dell’esercito, Gunther e Michael, che cominciano ad affezionarvisi. La loro fuga assieme ai cavalli rubati è però fatale; scoperti, vengono fucilati per diserzione. I giovani erano stati trovati in un mulino situato in un possedimento terriero che apparteneva a un anziano signore francese che viveva da solo con l’orfana nipotina Emilie. È proprio lei a rinvenire gli animali. Da sempre desiderosa di imparare a cavalcare, si affeziona alle bestie chiamandole François e Claude. Il loro destino li conduce però nuovamente in mano tedesca dove un soldato pieno di umanità cerca in ogni modo di salvarli, feriti e senza presa sugli insensibili ufficiali, che considerano gli animali solo in funzione utilitaristica abbassandosi così al punto da essere più bestie dei cavalli, capaci invece di avere un rapporto pulito con chi sa apprezzarli. Joey riesce a sopravvivere, messo in fuga dal tedesco complice, mentre il suo quadrupede amico soccombe. Joey non trova mai padroni casuali, né casualmente questi vengono in contatto con l’animale, perché sussiste un fil rouge, una invisibile comunione di sentimenti che permette loro di riconoscersi a vicenda. Siamo ormai arrivati al 1918, alle fasi finali del conflitto, e qui ritroviamo Albert che, nel frattempo arruolatosi, è diventato un valoroso combattente. Dopo uno scontro coi tedeschi viene gravemente colpito agli occhi dal gas nemico. Ricoverato, viene a sapere di un cavallo che è miracolosamente riuscito a sopravvivere pur rimanendo impigliato fra i reticolati della terra di nessuno. Gli ufficiali, avendo notato che è ferito, stanno per abbattere il cavallo quando Albert, ancora bendato, capisce che il cavallo è Joey chiamandolo col richiamo d’un tempo. La commozione generale induce i medici a curarlo e al termine della guerra, quando viene ordinato di vendere al mercato i cavalli, i commilitoni fanno una colletta per aiutare Albert a ricomprarlo. Quando il macellaio del paese supera l’offerta di Albert irrompe a sorpresa il nonno francese che aveva conosciuto Joey, che lo compra grazie all’inavvicinabile cifra di 100 sterline. Per lui, rimasto ormai solo (la nipote è morta), quell’animale è ormai l’unica cosa che gli ricordi l’adorata Emilie. Albert, pur dispiaciuto, è ormai pronto a separarsi dal cavallo quando questi, tirato avanti dal suo nuovo padrone, torna indietro per stare con Albert. Il francese, profondamente commosso, viene nel frattempo a conoscenza della storia che lega il giovane e l’animale, storia che trova conferma quando Albert riconosce la bandiera del reggimento del padre, bandiera che il nonno aveva rinvenuto addosso a Joey. Conscio del fatto che la sua Emilie voleva il bene di Joey (o François che sia), cede allora definitivamente il cavallo ad Albert che, abbracciato dai genitori al suo rientro nel Devon, restituisce al padre la bandiera (che questi aveva portato con sé nella Seconda Guerra Boera, dopo la quale era stato insignito di importanti medaglie per il comportamento eroico tenuto alla battaglia del Transvaal), capendo finalmente perché questi non gli avesse mai parlato della guerra, di quelle inutili carneficine cui Joey, ora beato in mezzo ad un suggestivo tramonto, è e sempre sarà estraneo.”
Seabiscuit – Un mito senza tempo
“Seabiscuit – Un mito senza tempo” è un film del 2003 diretto da Gary Ross. La pellicola è tratta dal libro del 2001 intitolato “Seabiscuit: una leggenda americana” di Laura Hillenbrand, biografa ufficiale di Seabiscuit.
Trama: “America degli anni ’30: il paese si trova in grande crisi economica a causa della Grande depressione. Il giovane Red Pollard viene lasciato dai genitori ad un tutore che può curarsi di lui, dato che la famiglia non ha più i mezzi per mantenere tutti i figli. Contemporaneamente, il magnate dell’automobile Charles S. Howard scala le vette del successo con la sua attività, ma un giorno subisce una tremenda tragedia: suo figlio Frank, muore a causa di un incidente con un furgoncino. Dopo questa vicenda il suo matrimonio fallisce. Allo stesso tempo Tom Smith un uomo che si potrebbe definire l’ultimo cowboy, gira per il paese cercando di adattarsi alle modernità della nuova corrente.I loro destini si accomuneranno quando Howard decide di assumere Smith come allenatore per i cavalli della sua scuderia. Durante questa collaborazione, ad una corsa ippica, Howard, che intanto si è risposato con una ragazza messicana, decide di acquistare un cavallo che fino a quel momento non aveva avuto una buona reputazione come campione, il cui nome è Seabiscuit.
Smith, allena il cavallo riconoscendo in lui un potenziale campione, nonostante sia considerato basso, grasso e con un difetto alla zampa. Dopo averlo rimesso in sesto, con una dieta bilanciata ed una compagnia nella stalla (un cavallino bianco ed un cane), il problema è trovargli un fantino. Qui entra in scena Pollard, che durante la sua giovinezza ha girato il paese facendo degli incontri di boxe e sbarcando il lunario come fantino. Seabiscuit e Pollard hanno lo stesso carattere nervoso e Smith, dopo che i due si incontrano, capisce che sono fatti l’uno per l’altro. La loro collaborazione farà sì che Seabiscuit diventi il più grande campione di tutti i tempi, vincendo alcune tra le gare ippiche americane più prestigiose, compreso quello – definito il duello del secolo – contro il grande campione della costa orientale War Admiral, guadagnandosi così il titolo di miglior cavallo dell’anno 1938.”